Sostenibilità economica e sostenibilità sociale

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Coordinatore: Paolo Bruttini

Il tema di costruire modelli di sviluppo sostenibile è avvertito ormai da tutti come critico per la sopravvivenza stessa dell’umanità. Parrebbe dunque non esservi alcun dubbio circa la necessità di modificare nei prossimi anni lo stile di vita degli abitanti del pianeta nella direzione di una maggiore consapevolezza e moderazione nel consumo delle risorse (tra cui l’aria e l’acqua).

Al di là delle buone intenzioni, molto in fretta ci siamo resi conto che tale cambiamento è molto complesso. Lo è perché significa entrare in contatto con il concetto di limite. Limitata è la nostra possibilità di abusare del pianeta, degli spazi fisici, della temperatura, il cui aumento deve essere contenuto al di sotto della soglia di non ritorno. Una soglia che sappiamo esistere e che innescherà al suo superamento una reazione a catena entropica e irreversibile dalle conseguenze inimmaginabili per la nostra specie.

Accettare di avere un limite non appartiene alla ontologia occidentale, probabilmente per motivazioni molto antiche. Alcuni autori ritengono che sia da far risalire alla filosofia Scolastica il dono del Mondo agli Uomini da parte di Dio, dopo la cacciata dall’Eden. Una motivazione culturale consistente, in grado di accelerare lo sviluppo della scienza e poi della tecnologia in Occidente.

Il 900 ha poi amplificato questa concezione attraverso l’affermarsi delle Scienze Economiche. La necessità di una continua crescita del PIL sancisce l’obbligo di incrementare la produttività e di aumentare le risorse da impiegare nello sviluppo. Gli ultimi 50 anni di neoliberismo hanno poi sviluppato una convergenza culturale tra società e mercato, creando l’illusione che il bene della prima forse fosse inestricabilmente connesso al bene del secondo.

Impossibile darsi dei limiti: inaccettabili in un mondo in continua crescita e dalle ambizioni smisurate. Ma ciò che sta accadendo è già una critica severa al nostro modo di pensare e di comportarci. Ci viene richiesto un colossale cambiamento nei processi produttivi, nei consumi e nello stesso stile di vita. Significherà forse rinunciare a delle cose per molti, e forse, rinunciare a parte dei propri guadagni o addirittura al posto di lavoro. Basti pensare al colossale cambiamento in atto nel settore dell’automotive. Dunque, mai come ora, la coppia sostenibilità economica e sostenibilità sociale si presenta come un’antinomia e i formatori si troveranno a dover gestire nei prossimi anni queste due polarità.

Le domande che possono ispirare il dibattito sono:

  • Quali difficoltà esistono nel comprendere e nell’accettare il concetto di limite?
  • Quanto sarà possibile scalfire il classico primato dell’economia su tutto il resto? In quanto tempo?
  • Quali sono le responsabilità della classe dirigente in questa situazione?
  • Ci saranno classi sociali più disponibili e altre più riluttanti?
  • Quale ruolo devono interpretare i formatori, verso i committenti e verso gli utenti?
  • In che modo la formazione può diventare più sostenibile?
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